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card. Pietro Parente, il 'nemico' dell'Opera di Maria Valtorta

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view post Posted on 16/1/2015, 11:34
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Cardinalepietroparente



Il card. Pietro Parente ( 1891 - 1986 ) è stato un teologo e inquisitore del Sant'Uffizio della Chiesa cattolica romana ,
è stato fatto cardinale il 26 giugno 1967. Al suo picco è stato considerato come uno dei più importanti teologi italiani.
Parente ha iniziato la sua formazione presso il Seminario Metropolitano di Benevento nel 1900 e presto si trasferisce a Roma per studiare.
La sua abilità come un teologo lo portò ad essere molto conosciuto prima ancora della sua ordinazione avvenuta il 18 marzo 1916.
Subito dopo l'ordinazione divenne rettore del seminario di Napoli, un ruolo che mantenne per un decennio.
Dopo di che Parente venne trasferito alla prestigiosa Pontificia Università Lateranense e brevemente 1934-1938 al Pontificio Ateneo Urbaniana.
Parente poi tornò a Napoli per fondare la Facoltà di Teologia e di Diritto Canonico nel suo ex seminario, ma già nel 1940 fu di ritorno a Roma, ancora come docente della Pontificia Università Lateranense nel periodo 1940-1955.

Durante questo periodo di insegnamento in seminario, Parente ha scritto frequentemente per il quotidiano vaticano L'Osservatore Romano.
Ha guadagnato una reputazione per la sua parola forte, quasi ottuso, lo stile di comunicare la dottrina ufficiale della Chiesa - qualcosa per cui è ricordato da quasi tutti coloro che hanno studiato sotto di lui.
Egli fu il primo scrittore a usare il termine "Nuova Teologia" per descrivere gli scritti di Marie-Dominique Chenu e Louis Charlier in quella carta nel 1942, e fu influente dietro l'enciclica Humani generis che ha condannato quei teologi otto anni più tardi.
E' stato l'assessore della maggior parte dei casi fatti dal Sant'Uffizio nel corso di questi anni e conosceva Papa Pio XII personalmente.

Parente fu nominato arcivescovo di Perugia nel periodo 1955-1959.
Papa Giovanni XXIII fece di lui uno dei funzionari di più alto rango del Sant'Uffizio, il 23 ottobre 1959 divenne arcivescovo titolare di Tolemaide di Tebaide, con l'incarico di assessore del Sant'Uffizio.
Prese parte al Concilio Vaticano II, aderendo inizialmente alle posizioni dell'ala conservatrice del Coetus Internationalis Patrum, ma nel settembre del 1964 prese posizione a favore dello schema preparatorio, lodando l'opera "Lo sviluppo della dottrina nei poteri nella Chiesa universale" del teologo Giuseppe Alberigo, che era schierato con l'ala più progressista. Questa posizione destò profonda impressione, perché monsignor Parente era un consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, che si collocava su posizioni conservatrici.

Quando il Sant'Uffizio venne rinominato in Congregazione per la Dottrina della Fede, nel 1965, divenne segretario proprio Parente,
ma, essendo visto da Paolo VI come troppo schietto nella personalità per potergli conferire l'incarico di prefetto, fu scelto il meno noto, ma più diplomatico cardinale croato Franjo Šeper al quale poi succedette il card. Ratzinger.

Parente è stato elevato al cardinalato il 26 giugno del 1967, cessando di essere Segretario della Congregazione,
quel posto infatti, era subordinato a quello del prefetto, non poteva quindi essere ricoperto da un cardinale.

Morì il 29 dicembre 1986 all'età di 95 anni e fu sepolto al santuario della Vergine della Rocca di Casalnuovo Monterotaro.

In merito alle vicende valtortiane apprendiamo dall'ultimo libro scritto dal dott. Emilio Pisani: "Lettera a Claudia"
che è stato un oppositore dell'Opera e il capitolo a lui dedicato è emblematicamente titolato: Il Nemico.

Da una breve ricerca vediamo che:
Nel 1942 commenta per l'Osservatore Romano la messa all'Indice dei libri proibiti dell'opuscolo di padre Marie Dominique Chenu sulla scuola di Saulchoir, indicando che si tratta di una pericolosa «nuova teologia».

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Per ulteriori approfondimenti consulare: www.e-theca.net/emiliopanella/junior/fede8310.htm

Nel 1959 Giovanni XXIII lo richiamò a Roma, nominandolo assessore del Sant’Uffizio
e gli affidò diverse schemi preparatori in vista del concilio Vaticano II, che Parente salutò come «primavera dello Spirito per la Chiesa».
Numerosi sono gli interventi conciliari: sulla Parola di Dio, sulla libertà religiosa, sulle questioni etiche e sulla mariologia.

Quindi è assai probabile che l'autore anonimo dell'articolo "Una vita di Gesù malamente romanzata"
apparso il 6 gennaio del 1960 sulla prima pagina dell'Osservatore Romano assieme al decreto di condanna
dell'Opera di Maria Valtorta possa essere proprio lui, come pensava lo stesso padre Berti ( vedi libro e capitolo prima citato ).

A questo proposito è interessante notare che solo pochi anni prima, nel 1951, il card. Parente aveva dato alle stampe
un libro intitolato "L'Io di Cristo" che verteva sulla problematica dell'unità psicologica del Cristo.
Ho trovato una breve recensione del libro e la propongo perchè può essere utile ad illustrare
il pensiero del card. Parente:

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Il pensiero di Parente si dedicò soprattutto a studi cristologici ed ecclesiologici e le sue opere principali rimangono Teologia di Cristo e L'Io di Cristo. In queste ed altre opere teorizza in Cristo una coscienza umana come proprietà della sua natura umana, che ha come oggetto proprio l'umanità nel suo essere e nel suo operare, ma che manca della sua personalità naturale e non ha autonomia psicologica né ontologica, sussistendo e personificandosi nel Verbo, che, di conseguenza, entra nella sfera dell'umanità "prestando il suo essere e muovendo all'azione"[4]. Quindi, "in Cristo si ha un solo Io, quello del Verbo, il quale determina le azioni umane di Gesù".

La mia personale ipotesi è che l'allora "Poema dell'Uomo-Dio" possa essere stato visto dal card. Parente
come una vera e propria "invasione di campo" nella quale i suoi studi teologici venivano
ad entrare in conflitto con quella che è l'umanità di Gesù proposta dal testo valtortiano.

A questo proposito sarebbe interessante poter sentire il parere dell'arcivescovo emerito Michele Di Ruberto,
che vive ancora a Roma e che è stato segretario particolare del card. Pietro Parente e autore di libri sul suo conto.

Edited by terranovas - 16/1/2015, 16:48
 
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view post Posted on 16/1/2015, 19:33
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Integro questo approfondimento sul card. Pietro Parente con una ricerca in merito alla vicenda di Teilhard de Chardin.
Preciso che non intendo minimamente entrare nel merito della questione teologica ma desidero solo fare un accostamento
tra questa vicenda e quella valtortiana che, a mio modo di vedere, presentano delle forti analogie.

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Procedo con una nota introduttiva della vicenda legata agli scritti del gesuita e paleontologo francese Teilhard de Chardin ( 1881 - 1955 ).

[ La fonte di queste note può essere consultata a questo link: https://ottaviopongoli.wordpress.com/2014/...ard-de-chardin/ ]

Nel tentativo di conciliare la teoria evoluzionista e la dottrina del peccato originale, Teilhard de Chardin espresse opinioni non conformi alla dottrina ufficiale della Chiesa.
I superiori del suo ordine, con un provvedimento disciplinare, lo costrinsero a dimettersi dall'insegnamento di materie filosofico-teologiche, lo invitarono a non pubblicare più nulla su questi temi e gli imposero il trasferimento in Cina dove rimase dal 1926 al 1946.

Ma già nel 1946 Teilhard de Chardin era nuovamente entrato nelle attenzioni della Curia romana.
Dalle memorie del cardinale e teologo francese Henri-Marie de Lubac ( 1896 - 1991 ), anch'esso gesuita, apprendiamo molte cose a riguardo.
Ci dice ad esempio che già vi era nell’aria una volontà di condanna nei confronti di Teilhard de Chardin,
infatti, prima della pubblicazione dell’enciclica Humani Generis del 22 Agosto del 1950,
enciclica che attaccava direttamente il Modernismo e l’Evoluzionismo, venne inserito un testo che accusava il gruppo dei teologi di Lione-Fourvière,
di cui anche de Lubac faceva parte, di seguire una Nouvelle Théologie che, opponendosi alla scolastica, proponeva un ritorno alle fonti, ovvero Sacre Scritture e scritti dei primi Padri della Chiesa.
Ci si aspettava quindi un provvedimento da parte della Santa Sede, in una lettera del 25 Giugno del 1950 scrive al suo confratello:
«…Aspettiamo per luglio le decisioni del Sant’Ufficio riguardanti la ‘teologia nuova’.»
Quindi possiamo vedere che Teilhard era già entrato, una seconda volta, dopo il caso del testo sul peccato originale che lo aveva portato all’esilio cinese, nelle mire del Sant’Ufficio che valutava la sua posizione come esponente della Nouvelle Théologie pericolosa per la fede.
Per alcuni anni, nei quali lo stesso Teilhard de Chardin morì, fu imposta una "consegna al silenzio" a riguardo degli scritti di Teilhard de Chardin.
Ma come ci informa lo stesso de Lubac avviene una variazione al divieto formale di scrivere su Teilhard, infatti:

«Bruscamente, all’inzio del 1961, tutto cambiò.
Adesso mi convocava e mi faceva in sostanza questo discorso: «Si scrive dappertutto, in tutti i sensi, pro e contro Teilhard; si dicono su di lui sciocchezze di ogni genere. La compagnia [ i Gesuiti ] non può disinteressarsi di uno dei suoi figli; i quattro provinciali di Francia, con l’approvazione del padre generale, desiderano che uno di quelli che l’hanno conosciuto bene e hanno seguito il suo pensiero porti la sua testimonianza su di lui; non ne esistono quasi più in questo mondo; noi abbiamo designato lei. Si metta dunque subito al lavoro; si liberi il più possibile da ogni altra occupazione e faccia in fretta».
Le intenzioni della Compagnia di Gesù erano quelle di mettere un freno alle strane e fantasiose interpretazioni del pensiero teilhardiano che circolavano ormai in ogni dove in Europa, onde evitare che ci potessero essere nuovi provvedimenti del Sant’Ufficio.
Nella primavera del 1962 venne quindi pubblicato uno scritto dal titolo: "Il pensiero religioso di Padre Teilhard de Chardin" di Henri de Lubac
che intendeva chiarire il pensiero di Teilhard de Chardin.
Il libro si diffuse molto rapidamente ma altrettanto in fretta provocò un certo subbuglio al Sant’Ufficio.
Secondo una informazione trasmessami, attraverso un viaggiatore, da padre Lamelle, archivista della nostra curia generalizia, mons. Pietro Parente avrebbe chiesto che fosse messo all’Indice dei Libri Proibiti.
Poiché alcuni consultori del Sant’ufficio erano di parere contrario, il caso sarebbe stato presentato a Giovanni XXIII, che poi avrebbe rifiutato.

Il 30 giugno del 1962, sulle pagine dell'Osservatore Romano venne pubblicato un Monitum seguito da un articolo anonimo:



( traduzione )Monitum del Sant'Ufficio contro Theilard de Chardin


"Certe opere del P. Pietro Theilard de Chardin,
comprese anche alcune postume,
vengono pubblicate ed incontrano
un favore tutt'altro che piccolo (affatto disdicevole).
Indipendentemente dal dovuto giudizio
in quanto attiene alle scienze positive,
in materia di Filosofia e Teologia
si vede chiaramente che le opere menzionate
racchiudono tali ambiguità ed anche errori tanto gravi,
che offendono la dottrina cattolica.
Di conseguenza, gli Eccellentissimi e Reverendissimi
Padri della Suprema Congregazione del Santo Ufficio
esortano tutti gli Ordinari e i superiori di Istituti Religiosi,
i Rettori di Seminari e i Direttori delle Università,
a difendere gli spiriti, particolarmente dei giovani,
dai pericoli delle opere di P. Theilard de Chardin e dei suoi discepoli.

Dato in Roma, nel Palazzo del Santo Ufficio, il 30 giugno 1962.

Sebastiano Masala, Notaio".



CITAZIONE
Pierre Teilhard de Chardin
e il suo pensiero sul piano filosofico e religioso

Sono passati sette anni dalla morte di P. Pierre Teilhard de Chardin e la sua fama è sempre più viva.

I suoi discepoli e ammiratori continuano ad esaltarne la figura sul piano umano e religioso. Molti di loro ne esaltano il non comune valore sul piano scientifico.

Invece i pareri di altri studiosi sono discordi nel giudicare il suo tentativo di sintesi cristiana del sapere. Le divergenze diventano maggiori alla lettura delle opere postume, pubblicate finora, e di quelle diffuse privatamente tra gli ammiratori del Teilhard (1).

Ci si può associare a quanti riconoscono la retta intenzione dell'uomo e il contributo da lui dato alle ricerche scientifiche, in particolare a quelle paleontologiche.

Però, non si può fare a meno di rimanere perplessi prima, dissenzienti poi, quando le opinioni del P. Teilhard de Chardin dal puro campo scientifico si estendono al campo della filosofia e della teologia.

Un recente libro del P. de Lubac sul pensiero religioso del P. Teilhard de Chardin (2) (di cui parleremo più avanti) contiene certe critiche al metodo usato dal Teilhard de Chardin, per esempio che le analisi concettuali contenute nei suoi saggi sono talvolta difettose, perché quando tratta le grandi questioni che preoccupano ogni uomo, le categorie, le nozioni e i termini da lui usati portano la caratteristica dell'ambiente scientifico che gli era familiare. L'atmosfera che egli respirava era quella delle scienze naturali (3).

Per noi questo difetto metodologico è grave e fondamentale, perché Teilhard de Chardin fa troppo spesso un'indebita trasposizione sul piano metafisico e teologico dei termini e (lei concetti della sua teoria evoluzionistica; trasposizione che è una delle cause delle ambiguità concettuali e, diciamolo pure, degli errori che si trovano nelle opere di Teilhard, sia in quelle edite che in quelle policopiate o comunque diffuse in altro modo.

Incominciamo col concetto di creazione.

Nel saggio inedito (ma conosciuto da parecchi) del 1950 “Le Coeur de la Matière”, si legge: “Dans le monde, objet de la Création, la Métaphysìque classique nous avait accoutumés à voir une sorte de production extrinsèque, issue par bienveillance débordante de la suprème efficience de Dieu. Invinciblement - et tout justement pour pouvoìr à la fois pleinement agir et pleinement aimer - je suis amene à y voir maintenant (conformément à l'esprit de Saint Paul) un mysterieux produit de complétion et d'achèvement pour l'Ettre absolu lui-méme. Non plus l'Etre participé de plérómisation (4) et de convergence. Effet non plus de causalité, mais d'Union, créatrice”.

Union créatrice è un concetto che ritorna spesso in Teilhard. “L'action créatrice, c'est-à-dire unificatrice de Dieu” si legge in un articolo “L'Esprit nouveau et le còne du temps” su “Psyché” (5). Ora, dal punto di vista metafisico, sotto il quale bisogna delineare il concetto di creazione, deve essere messo in chiaro l'aspetto di causalità efficiente (che dà l'essere). La creazione non si oppone all'unificazione, ma non è formalmente unificazione.

Un altro concetto, familiare al Teilhard in questo argomento, è il “Néant”, presentato in un modo che ci lascia molto perplessi.

Questo concetto non è contenuto soltanto nel saggio, ormai vecchio perché del 1917, “L'union créatrice”, ma viene ripetuto e spiegato anche nel saggio (inedito) “Comment je vois” del 1948. Di fronte a Dio “aux antipodes de lui-méme” sta “le Multiple pur” ossia “Néant créable”, il quale è una virtualità passiva. Scrive dunque Teilhard: “... Néant créable”, qui n'est rien - et qui cependant par virtualité passive d'arrangement (c'est-à-dire d'union) est une possibilité, une imploration d'étre, à laquelle... tout se passe comme si Dieu n'avait pas pu résister ”.

Così pure, il Teilhard ha delle espressioni che lasciano fondatamente credere che egli pensasse ad una certa quale necessità della creazione.

Nella filosofia e nella teologia classica - secondo lui - la creazione, “ou Participation” (aggiunge il Teilhard), tende a presentarsi “comme un geste presque arbitraire de la Cause première”.

Invece in quella che egli chiama Metafisica dell'Unione, pur riaffermando la “self-suffisance et la self-détermination de l'Etre absolu” cioè Dio, il Teilhard parla ancora così dell'atto creativo divino: “Fruit, en quelque manière, d'une réflexion de Dieu, non plus en lui, mais en dehors de lui, la Plérómisation... c'est-à-dire la réalisation de l'étre participé par arrangement et totalisation - apparaìt comme une sorte de réplique ou de symétrique à la Trinitisatian. Elle vient combler un vide, en quelque fapon. Elle trouve sa place”.

Concetto che viene più espressivamente sintetizzato con queste parole: “Pas de Dieu (jusqu'à un certain point), sans Union créatrice...” (sempre in Comment je vois).

Queste citazioni erano necessarie (e se ne potrebbero fare altre) per mettere in evidenza le ambiguità pericolose e gli errori che si riscontrano in certe espressioni del Teilhard riguardanti il concetto cattolico tradizionale di creazione (riportarsi ai Concili Laterano IV e Vaticano I).

Quando la “Metafisica classica” afferma che Dio, creando, dà alla creatura tutto l'essere: potenziale, essenziale ed esistenziale nello stesso tempo, cioè “secundum totam suam substantiam” (Vaticano I, Denz. 1805); quando mette in risalto la perfetta ed assoluta libertà dell'atto creativo di Dio, “liberrimo consilio” (Vaticano I, Denz. 1783), essa non fa altro che ripetere e spiegare la dottrina dei due Concili.

E noi crediamo che il Teilhard non abbia sempre salvato sufficientemente queste due esigenze della dottrina cattolica: dono della totalità dell'essere da parte del Creatore, esclusa anche qualsiasi precedente potenzialità (e la Metafisica classica vuole esprimere proprio questo concetto con le parole “ex nihilo sui et subiecti”); totale assenza di qualsiasi, anche lontana, necessità dell'atto creativo di Dio.

Nella sua concezione dei rapporti tra il Cosmo e Dio, Teilhard de Chardin ha dei punti deboli che non si possono passare sotto silenzio.

Egli, è vero, afferma esplicitamente e più volte la necessità e la personalità trascendente di Dio. Tuttavia, nella logica del pensiero teilhardiano la trascendenza divina non viene espressa in un modo sufficiente.

Dio viene raffigurato come suprema unità che in qualche modo s'incorpora l'universo; così l'unità divina in qualche maniera diviene partecipe della molteplicità cosmica e Dio in un certo senso viene reso più perfetto dall'assimilazione del Cosmo.

Per esempio, nel saggio già citato “Le Cocur de la Matière” [che il Tresmontant chiama “son autobiographie spirituelle” (6)] il Teilhard afferma: “Par un de ces étranges effects

d'inhibition... je ne me rendais pas compte que, inévitablement, à mésure que, des profondeurs de la Matière aux cimes de l'Esprit, Dieu "métamorphisait" le Monde - le Monde en retour, devait "endemorphiser" Dieu”.

Sempre leggendo il medesimo saggio, si rimane perplessi e si ha la precisa impressione che le parole del Teilhard non vogliano esprimere soltanto un punto di vista limitato del nostro conoscere, ma una realtà che toccherebbe anche Dio. E cioè che Dio, in un certo senso, cambi, si perfezioni, incorporando a sé il mondo.

“Sous l'effet méme de l'opération unitive qui le révèle à nous, Dieu en' quelque sorte se transforme, en nous incorporant. - Done, non plus seulement Le voir, et se laisser envelopper et pénétrer par Lui, - mais pari passu (si non premièrement) le découvrìr (ou méme, en un sens l’ ‘achever’) toujours plus autre... Autour de nous, par rencontre de son attraction et de notre Pensée, Dieu est en train de "changer"... ”.

In altri passi, Teilhard usa i termini “complexité” o “Unité complexe”, parlando di Dio. Anche nell'ultimo libro edito da qualche settimana “L’Energie humaine” si legge: “Dieu n'est défìnissable que comme un Centre de centres. En cette complexité (il corsivo è nostro) git la perfection de son Unité” (p. 86).

Egli esplicitamente dà a questi termini un significato coerente col suo pensiero, ma molto diverso da quello della comune accezione e cerca di spiegarli in un senso che potrebbe essere ortodosso.

Comunque, tutto ciò non concorre alla chiarezza delle posizioni; anzi, a dir poco, si tratta di ambiguità che certamente sono causa di pericolosi equivoci.

Il concetto di unità, di azione unificatrice, strettamente legato alla sua teoria evoluzionistica, viene dal Teilhard esteso ed applicato più di una volta anche all'ordine soprannaturale.

S'inizia con un concetto, per lo meno strano, del Cristo.

Il “Punto Omega” è nello stesso tempo il Cristo risorto: “Le Christ de la Révélatìon n'est pas autre que l'Oméga de la Evolution” (Le Christique, saggio inedito del 1955). E più avanti: “Le Christ sauve. Maìs ne faut-il pas ajouter immédiatement qu'il est aussi sauvé par l'Evolution?” (Ibidem).

In “Le Coeur de la Matière” si legge inoltre: “Dans un Univers qui se découvrait pour moi en état de convergence, vous avez pris par droit de Résurrection, la position maitresse de centre total où tout se rassemble”.

Nel volume, edito recentemente (nel 1961) “L'Hymne de l’Universe”, il Teilhard ripete lo stesso concetto, ma con maggiore chiarezza: “Jésus, centre vers qui tout se meut, daignez nous faire, à tous, si possible, une place parmi les monades choisies et saintes qui, dégagées une à une du chaos actuel par votre sollicitude, s'agrègent lentement en Vous dans l'Unìté de la Terre Nouvelle” (p. 80).

Nel saggio già citato, “Le Christique”, si legge addirittura - e dice “en sens vrai” - di una “troisième nature” di Cristo, non umana, non divina, ma “cosmica”!

Non vogliamo prendere alla lettera e “en sens vrai” quanto scrive il Teilhard a questo punto, altrimenti si tratterebbe di una vera eresia. Ma queste parole, evidentemente, aumentano la confusione delle idee, che già non è poca.

Con questo metodo è facile e - diciamo - logico legare necessariamente tra di loro Creazione, Incarnazione e Redenzione.

Infatti il Teilhard scrive: “Création, Incarnation, Rédemption tout en marquant chacune un degré de plus dans la gratuité de l'opération divine ne sont-elles troix aetes indissolublement Rés dans l'apparition de l'étre participe?” (L'áme du Monde. saggio inedito del 1918).

In un certo senso, il Teilhard pone sullo stesso piano dell'Evoluzione quei tre misteri: “Pas de Dieu (jusqu'à un certain point), sans Union créatrice. Pas de création sans immersion incarnatrice. Pas d'Incarnation sans compensation rédemptrice. Dans une métaphysique de l'Union, les trois mystères fondamentaux du Christianisme n'apparaissent plus que comme les trois faces d'un méme mystère, celui de la Plérómisation” (Comment je vois, saggio già più volte citato).

Si potrebbe fare una mietitura di testi teilhardiani su questo argomento. Ma terminiamo con un passo preso da “Le Phénomène humain” (ed. 1955): “Mais, en autre sens aussì, une prodigieuse opération biologique... Par une action pérenne de communion et de sublimation, il (cioè, il Cristo) s'agrège le psychisme total de la Terre” (p. 327).

Leggendo questa e altre (cfr. per esempio, l'articolo “L'Esprit nouveau et le cóne du Temps” in Psyché, n. 99-1000, p. 59-60) affermazioni del Teilhard, si deve constatare che in Teilhard de Chardin non è chiara la distinzione e differenza tra ordine naturale e ordine soprannaturale, e che non si vede come si possa logicamente salvare la totale gratuità di quest’ultimo ordine, e quindi della grazia.

Concetti, codesti, che sono patrimonio del comune universale insegnamento cattolico e recentemente sono stati richiamati anche dall'Enciclica Humani Generis (Denz. 2318).

Altre critiche importanti possono essere fatte al pensiero del P. Teilhard de Chardin.

Dopo avere letto i passi sopra riportati, non ci si meraviglia nel constatare come il Teilhard non conosce chiaramente nemmeno i profondi confini esistenti tra materia e spirito: confini che non impediscono, è vero, i rapporti tra i due ordini (sostanzialmente uniti nell'uomo), ma che segnano chiaramente le loro essenziali differenze.

“- Non pas l'Esprit par évasion hors de la Matière, - ni l'Esprit juxtaposé incompréhensiblement avec la Matière (Thomisme! ... ), mais l'Esprit émergeant (par opération pan-cosmique) de la Matière. - MATERIA MATRIX...”.

Queste parole si leggono in una lettera del Teilhard in data 13 marzo 1954 e pubblicata sulla rivista Psyché, 1955, n. 99-100, p. 9.

E su questo concetto, il Teilhard insiste anche nel libro L'Energie Humaine, edito - come si è già accennato - nelle passate settimane.

“Il n'y a pas, concrètement, de la Matière et de l'Esprit, mais il existe seulement de la Matière devenant Esprit. Il n'y a au Monde, ni Esprit, ni Matière: 1’ ‘Etoffe de l'Univers’ est l'ESPRIT-MATIERE. Aucune autre substance que celle-ci ne saurait donner la molécule humaine” (p. 74).

A p. 121 del medesimo libro, ancora a proposito di spirito, coerentemente con tutto il suo sistema evoluzionistico, il Teilhard scrive: “Le phénomène spirituel n'est done pas une sorte de bref éclair dans la nuit: il trahit un passage graduel et systématique de l'inconscient au conscient, et due onscient au self-conscient. C'est un changement d'état cosmique” (la sottolineatura è nostra). E già in “Le Coeur de la Matière” aveva scritto: “L'Esprit, état supérieur de la Matière”.

Si noterà che nella stessa pagina il Teilhard avverte che egli si attiene al punto di vista puramente scientifico e sperimentale.

Ma, trattandosi qui di un argomento eminentemente metafisico e che tocca direttamente tanti problemi teologici, egli difficilmente poteva fermarsi al solo punto di vista scientifico, senza correre il rischio (come del resto è accaduto) di concludere con alcune affermazioni che non è facile accordare con la dottrina cattolica.

E' vero che la essenziale distinzione di materia e spirito non è stata esplicitamente definita, ma essa costituisce un punto di dottrina sempre insegnato nella filosofia cristiana, in quella filosofia che Pio XII nella Enciclica Humani Generis chiama “in Ecclesia receptam et agnitam” (Denz. 2323). E la stessa dottrina è esplicitamente o implicitamente presupposta dall'ordinario ed universale insegnamento della Chiesa; perciò giustamente la medesima Enciclica riprova la posizione contraria (Denz. 2318).

Naturalmente nel suo pensiero scientifico-religioso, Teilhard de Chardin ha un suo originale concetto del male e del peccato. Ne tratta ex professo in un'Appendice de “Le Phénomène Humain” (p. 345 ss.).

Verso la fine della pag. 347, egli constata un certo “excès” del male nel mondo, inspiegabile per la nostra ragione “si à l'effet normal d'Evolution ne se sur-ajoute pas l'effet extraordinaire de quelque catastrophe ou déviation primordiale...”.

Però, Teilhard ama considerare il peccato da un punto di vista collettivo più che individuale e, per quanto riguarda il peccato originale, si mostra più di una volta contrario ad una trasmissione ereditaria.

Quanto afferma nel seguente passo, il Teilhard ripete press'a poco anche in diversi altri:
“... la nécessité théologique du baptéme s'expliquant par la solidarité génétique de tous les hommes au sein d'une humanité (imprégnée de péché par nécessité statistique) où les liens collectifs se découvrent comme encore plus réels et plus profonds entre individus qu toute liaison strictement et linéairement héréditaire” (Comment je vois).

Su questo punto il pensiero del Teilhard è molto sconcertante e non si accorda con la dottrina del Concilio di Trento sul peccato di Adamo (Denz. 790), dottrina ripresa dall'Enciclica Humani Generis, che insegna che il peccato originale “procedit ex peccato vere commisso ab uno Adamo, quodque generatione in omnes transfusum, inest unicuique proprium” (Denz. 2328).

Lo nota anche lo stesso P. de Lubac: “Qu'il (Teilhard) ne fút pas théologien de métier, c'est méme ici peut-étre (a proposito del peccato originale) que l'on s'en aperçoit le mieux” (op. cit. p. 168).

Per terminare questo esame critico, che per ragioni evidenti non può essere completo, ci sembra di dover notare ancora una volta quel naturalizzare, quasi, il soprannaturale, che è proprio del sistema teilhardiano.

Noi vogliamo ammettere che il Teilhard, persona privata, ha avuto una vita spirituale intensa. Non intendiamo, evidentemente, muovere appunti alla persona, ma al metodo, al pensiero.

E, perciò, non possiamo seguirlo né approvarlo, quando nella sua originale ascesi, dopo Dio pone il Mondo in un posto e in un valore troppo alti. Come per molte pagine, anche per la seguente di Teilhard de Chardin, bisogna ridimensionarne il significato, perché la sua penna, presa dall'entusiasmo, lo porta molto più in là del giusto.

Tuttavia leggiamo con vera pena queste righe: “Si par suite de quelque renversement intérieur, je venais à perdre successivement ma foi au Christ, ma foi en un Dieu personnel, ma foi en l'Esprit, il me semble que je continuerais à croire au Monde. Le Monde (la valeur, l'infaillibilité et la bonté du Monde), telle est, en dernière analyse, la premìère et la seule chose à laquelle je crois. C'est par cette foi que je vis, et c'est à cette foi, je le sens, que, au moment de mourir, par-dessus tous les doutes, je m'abandonnerai... A' la foi confuse en un monde Un et Infaillible je m'abbandone, où qu'elle me conduise” (Comment je crois).

Sono parole del 1934, ma quanto sarebbe stato meglio che non fossero mai state scritte!

Qualcuno potrebbe obiettare alle nostre critiche che esse non terrebbero conto che nei molti scritti del Teilhard de Chardin, oltre ai testi da noi citati, ve ne sono tanti altri che spesso potrebbero annullare l'interpretazione negativa da noi presentata. Bisognerebbe perciò tenere presenti tutti i testi, e sono moltissimi, per poter giudicare Teilhard con oggettività.

Anche noi sappiamo che il Teilhard ha fatto non poche volte affermazioni non del tutto coerenti, se non talvolta contrarie o contraddittorie; e vogliamo concedere che il pensiero del Teilhard sia rimasto in una fase di problematicità.

Tuttavia, i suoi scritti in molti punti rimangono sempre più o meno contrastanti con la dottrina cattolica.

Certamente il libro del P. de Lubac, già citato, costituisce il più poderoso studio finora pubblicato sul pensiero religioso del Teilhard de Chardin. Il libro mette in rilievo numerosi difetti del Teilhard, ma nella sostanza ne è una difesa e un elogio.

Noi, però, con franchezza e lealtà, dobbiamo dichiarare che dissentiamo dal giudizio sostanzialmente favorevole dato dal P. de Lubac.

I punti di dissenso dal pensiero del P. Teilhard de Chardin sono assai più importanti e fondamentali; per cui non possiamo assolutamente sottoscrivere il seguente giudizio categorico del de Lubac: “... Eglise Catholique, cette mère toujours feconde... peut réconnaítre elle-méme avec joie, qu'en Pierre Teilhard de Chardin elle a enfanté, tel que notre siècle en avait besoin, un authentique témoin de Jésus-Christ” (op. cit. p. 295).

Veramente il nostro secolo ha un estremo bisogno di autentici testimoni di Cristo; ma noi ci auguriamo che essi non si abbiano ad ispirare al “sistema” scientifico-religioso del Teilhard.

Abbiamo ritenuto necessario formulare le nostre critiche al pensiero, non alla persona - ripetiamo - per mettere in guardia gli studiosi, e specialmente i giovani, contro gli errori e le ambiguità contenute negli scritti del Teilhard.

E facendo le nostre riflessioni, riteniamo di avere agito nella mente del Monitum, che viene oggi pubblicato sul nostro giornale.

L'OSSERVATORE ROMANO
del 30 giugno 1962

Preciso che stando a quanto riporta padre Henri-Marie de Lubac il principale autore su L’osservatore Romano sarebbe p. Philippe de la Trinité carmelitano scalzo.

Edited by terranovas - 4/1/2018, 15:39
 
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view post Posted on 24/9/2019, 11:03
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Esiste un interessante retroscena sul libro Padre Pio. Miracoli e politica nell'Italia del Novecento di Sergio Luzzatto che riguarda il card. Pietro Parente.
A pag. 304 del libro troviamo scritto:

CITAZIONE
Meno di un mese dopo, il 25 giugno 1960, il conto alla rovescia raggiunge il numero zero.
Entrato in possesso delle bobine registrate nel Gargano, l’assessore del Sant’Uffizio non può fare altroche trasmettere la bomba al Santo Padre.
E papa Roncalli ne resta colpito a tal punto da evitare di descrivere nella sua agenda - privata, ma in qualche modo ufficiosa - il proprio statod’animo, ch’egli confida a quattro foglietti rimasti inediti fino a oggi:
Stamane da mgr. Parente, informazioni gravissime circa P.P. e quanto lo concerne a S. Giov. Rotondo.
L’informatore aveva la faccia e il cuore distrutto. Con la grazia del Signore io mi sento calmo e quasi indifferente come innanzi ad una dolorosa e vastissima infatuazione religiosa il cui fenomeno preoccupante si avvia ad una soluzione provvidenziale.
Mi dispiace di P.P. che ha pur un’anima da salvare, e per cui prego intensamente.
L’accaduto - cioè la scoperta per mezzo di filmine, si vera sunt quae referentur, dei suoi rapporti intimi e scorretti con le femmine che costituiscono la sua guardia pretoriana sin qui infrangibile intorno alla sua persona - fa pensare ad un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo, e qui in Italia specialmente.
Nella calma del mio spirito, io umilmente persisto a ritenere che il Signore faciat cum tentatione provandum, e dall’immenso inganno verrà un insegnamento a chiarezza e a salute di molti.
Al là delle formule di cautela, Giovanni XXIII non dubita della verità di quanto riferitodall’assessore del Sant’Uffizio, non sospetta che le notizie sulla vita immorale di un frate malato e ultrasettantenne possano essere false: che derivino - sarà questa la spiegazione degli amici di padre Pio - dall’anormale devozione di una figlia spirituale, giunta all’estremo di millantare rapporti carnali con lui.
A papa Giovanni, l’esuberanza sessuale dell’altro Cristo appare niente più che la conferma di un «disastro di anime» ch’egli aveva diagnosticato condecenni d’anticipo: all’inizio degli anni venti, quando per due volte monsignor Roncalli avevatraversato la Puglia da responsabile delle missioni di Propaganda Fide, ma aveva preferitogirare alla larga da San Giovanni Rotondo. Così, nell’appunto da lui vergato il 25 giugno1960, il papa alterna l’amarezza pastorale per la scoperta delle vergogne di padre Pio con la fierezza personale di chi aveva saputo uscirne indenne: «Motivo di tranquillità spirituale perme, e grazia e privilegio inestimabile è il sentirmi personalmente puro da questa contaminazione che da ben 40 anni circa ha intaccato centinaia di migliaia di anime istupidite e sconvolte in proporzioni inverosimili».

In questa breve testimonianza riscontriamo come, a pochissimi mesi dalla condanna all'Indice dei Libri Proibiti dell'Opera di Maria Valtorta, papa Giovanni XXIII si lascia consigliare da mons. Pietro Partente circa l'operato di padre Pio da Pietrelcina sul quale, nel cuore stesso della Chiesa, vengono riferite, diffuse e credute come vere, delle calunnie sul contro del povero frate. Anche in questo caso papa Giovanni XXIII crede a quanto gli viene riferito e non si oppone a quanto il Sant'Uffizio gli propone come vero, nonostante i dubbi e le prove mistiche della santità di Padre Pio.
Molto doloroso constatare questi fatti...
 
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