Club Amici Valtortiani

Articolo settimanale Gente, del 26 agosto 1978

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view post Posted on 13/9/2019, 23:07
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Sperando di fare cosa gradita inserisco in esclusiva un lungo articolo su Maria Valtorta che il settimanale Gente pubblicò nel lontano 26 agosto 1978 a firma del giornalista Renzo Allegri.
Si tratta quindi di un articolo molto vecchio ma interessante per contenuti e informazioni che sono riuscito a trovare e che intendevo condividere con tutti gli amici valtortiani.




La straordinaria vicenda di una inferma morta nel ’61, ritenuta una grande mistica dei tempi moderni


“GESÙ MI HA DETTATO LA STORIA DELLA SUA VITA” di Renzo Allegri


Così ha sempre affermato Maria Valtorta riferendosi alle 15 mila pagine di quaderno da lei scritte di getto, senza una correzione, tra il 1943 e il 1947, nelle quali è raccontata nei minimi particolari l’esistenza terrena del Salvatore.
– «Gesù si metteva accanto al mio letto e diceva: “Scrivi”. Io ho riferito solo quello che lui mi ha detto»
– Pubblicata in 10 volumi, l’opera è un documento sconcertante e incredibile
– Il giudizio del cardinale Agostino Bea e del professor Nicola Pende
– Il ricordo dell’amica-infermiera di Maria Valtorta.

Viareggio (Lucca), agosto 1978.


«Questo è il libro più sconvolgente che io abbia mai avuto tra le mani», mi dice l’editore Emilio Pisani, indicandomi i dieci volumi che costituiscono l’opera Il Poema dell’Uomo-Dio, scritta tra il 1943 e il 1947 da una donna, Maria Valtorta, ritenuta una grande mistica dei tempi moderni.
«Sono circa 5500 pagine stampate, nelle quali viene narrata la vita di Gesù», continua il dottor Pisani.
«Non è uno dei soliti libri storici, ricostruiti sui documenti tradizionali; e non è neppure un’opera di fantasia, un romanzo.
Si tratta di un resoconto cronachistico, una specie di straordinario reportage, tratto da una persona presente agli avvenimenti.
Della vita di Gesù si descrive tutto: come avvenne la nascita, com’era la grotta dove Gesù vide la luce, cosa diceva san Giuseppe, la Madonna, come si chiamavano i pastori che andarono a trovarlo. Viene fatta una dettagliata descrizione della fanciullezza di Gesù, dei suoi giochi, di come era vestito; vengono riportate le conversazioni con il padre, con la madre, con gli amici. E così avanti fino alla vita pubblica, ai viaggi attraverso la Palestina per diffondere il suo messaggio, per compiere i miracoli e poi il processo, la condanna a morte e la terribile crocifissione.
Tutto scritto da Maria Valtorta con precisioni storiche, geografiche, bibliche, geologiche, teologiche da lasciare stupefatti gli specialisti che hanno letto l’opera.
«Sta proprio qui l’aspetto sconcertante del libro. L’autrice ha sempre affermato di avere solo riferito fedelmente ciò che Gesù stesso le ha dettato e ciò che le ha fatto vedere.
In una sua dichiarazione scritta, si legge: “Posso asserire che non ho avuto fonti umane per sapere ciò che scrivo, e ciò che, anche scrivendo, molte volte non comprendo”. Naturalmente non è facile accettare simili affermazioni. Da una ventina d’anni intorno a questo libro si discute e si polemizza. Specialisti di ogni tipo hanno esaminato l’opera, anche per incarico ufficiale delle autorità ecclesiastiche. La conclusione a cui giungono è sempre la stessa: o l’autrice era un mostro di sapienza, di conoscenza, di memoria, un genio superiore a quelli finora apparsi sulla terra, oppure bisogna credere a ciò che essa afferma, cioè che il suo libro non ha un’origine umana.
Siamo in una piccola stanza, al pianoterra di uno stabile nella vecchia Viareggio. In questa casa è vissuta per tanti anni Maria Valtorta. Sulla porta c’è ancora la targhetta d’ottone col suo nome. «Non ho mai voluto toglierla perché Maria è ancora qui», dice Marta Diciotti, la fedele governante, che fu accanto a Maria durante i 28 terribili anni di infermità e che continua a dedicare la sua esistenza alla memoria dell’amica.
«Venga», mi dice «le faccio vedere la sua cameretta, dove visse e morì».

Una vita complessa


Mi conduce nella stanza accanto.
Le persiane sono chiuse e nella penombra vedo una camera da letto tenuta in perfetto ordine.
Al centro un letto e accanto al muro una piccola branda. C’è un armadio, due tavolini piccoli.
Quello nell’angolo, tra immagini sacre e libriccini di devozione consunti dall’uso, ha, nel mezzo, un mazzo di fiori freschi.
«Quello è l’angolo delle visioni», dice Marta Diciotti. «Maria diceva che lì le apparivano Gesù, la Madonna, gli apostoli e le facevano vedere ciò che lei poi doveva scrivere. Lei stava qui, su questo letto.
È rimasta inferma, senza mai potere alzarsi per quasi 28 anni: dal primo di aprile del 1934 al 12 ottobre 1961, giorno della sua morte.
Io dormivo in quella brandina accanto al muro, ma spesso non riuscivo a chiudere occhio perché lei teneva la luce accesa per scrivere».
«Maria Valtorta non è un personaggio noto al grande pubblico», dice Emilio Pisani.
«Noi siamo diventati editori dei suoi libri per caso.
Fu mio padre ad accettare l’incarico, quando la scrittrice era ancora viva. Da quasi ottant’anni la nostra casa editrice serve enti religiosi romani e anche il Vaticano.
Un giorno alcuni teologi parlarono a mio padre delle opere di Maria Valtorta, esprimendo il desiderio che fossero divulgate. Egli accettò per fare un favore a queste persone, che erano sue amiche».
«Di questo libro non abbiamo fatto alcuna pubblicità. Eppure, è arrivato alla terza edizione ed è diffuso in tutto il mondo. In lingua italiana si trova in Argentina, Belgio, Bolivia, Brasile, Etiopia, Filippine, Formosa, Francia, Germania, Giamaica, Giappone, India, Inghilterra, Irlanda, Israele, Kenia, Messico, Olanda, Portogallo, Stati Uniti, Togo, Uganda, Zaire.
Traduzioni parziali sono state fatte in inglese, francese, tedesco, giapponese. È in corso la pubblicazione dell’opera completa in spagnolo e in preparazione quella francese e cecoslovacco».
[nota: i dati che vengono riportati non sono aggiornati perché l'articolo è di oltre quarant'anni fa...
ad esempio, oggi, l'Opera principale di Maria Valtorta è stata tradotta integralmente in ben 30 lingue diverse e i valtortiani nel mondo sono tantissimi].

«Il libro è scritto con uno stile affascinante e semplice.
I lettori sono persone spesso qualificate: teologi, letterati, professionisti. Chi lo ha letto, ne rimane conquistato e non può non parlarne agli amici.
È nata in questo modo la pubblicità all’opera».
«Mi racconti, in sintesi, la vita di questa donna», domando al dottor Emilio Pisani.
«Non è facile», risponde.
«La vita di Maria Valtorta è complessa.
Gli avvenimenti esterni sono pochi e quasi insignificanti. Ma, a guardarli bene, si ha l’impressione che tutto sia “guidato” verso una mèta precisa. Quindi, la sua è una di quelle esistenze in cui si avverte la presenza di un “qualche cosa” che sfugge alla ragione umana.
«Nacque a Caserta, il 14 marzo 1897, da genitori lombardi. Il padre era un ufficiale dell’Esercito e la famiglia si spostava continuamente per raggiungerlo nei luoghi dove era mandato.
Quando Maria aveva 18 mesi, la famiglia si trasferì da Caserta a Faenza, in Romagna, poi, nel 1901, a Milano, poi a Voghera, Firenze, Reggo Calabria, eccetera».
«Da bambina Maria dimostrava un animo sensibilissimo e una grande intelligenza. Fin dalla più tenera età cominciò a soffrire per quello che lei ha considerato il vero “dramma” della sua vita: la mancanza di affetto da parte della madre. La madre di Maria Valtorta, Iside Fioravanzi, nata a Cremona nel 1861, era insegnante di francese. Donna egoista e severa, non ha mai saputo, o forse voluto, comprendere la figlia. Non se ne è mai interessata. Appena nata, la bambina fu affidata a una balia. Poi fu cresciuta dalla governante. All’età di quattro anni fu messa in collegio dalla suore».

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Il primo amore


«Maria studiò sempre in istituti religiosi. Dimostrava una naturale inclinazione per le materie letterarie. Nei compiti in classe spesso svolgeva lo stesso tema in dieci maniere diverse: una per sé e le altre nove per le compagne che non avevano voglia di impegnarsi. Era, invece, scadente in matematica e sua madre, che l’ha sempre contraddetta, quando fu il momento di scegliere la scuola superiore la costrinse a seguire gli studi tecnici».
«I conflitti più gravi tra madre e figlia scoppiarono quando Maria, a 16 anni, si innamorò di un giovane laureato. Un amore intenso, ma castissimo. La ragazza confidò i suoi sentimenti alla madre, che reagì come una furia, insultandola con epiteti volgari, e facendo le insinuazioni più triviali». “Mia madre in quell’occasione”, scriverà più tardi Maria nella sua Autobiografia, “mi strappò brutalmente il velo della mia innocenza di donna vergine e pura. Seppi così che si può fare del male tra uomo e donna. Fino a quella sera del 5 gennaio 1914 non lo sapevo. E questo avermi denudato il male della vita, senza pietà per i miei sedici anni ignari, è stata la cosa che più mi ha colpito e separato per sempre, definitivamente, da colei che mi aveva generato”.
«Alcuni anni più tardi Maria si innamorò di nuovo, questa volta di un giovane ufficiale, che la adorava. Fu un amore fortissimo, che durò alcuni anni, sempre, però, contrastato dalla madre che ricorse a tutto per farlo naufragare. In quel periodo Maria passò momenti di grande sconforto. Pensava alla morte, voleva fuggire da casa. La madre, anche questa volta, ebbe partita vinta, provocando nella figlia stati di sofferenza morale che ebbero gravissime conseguenze anche sul suo fisico, con febbri altissime e cardiopatite».
«Non si sa se la madre di Maria Valtorta fosse semplicemente uno strumento nelle mani di Dio, per aiutare la figlia a seguire quella strada che per lei era stata tracciata da misteriosi disegni. Forse, se non ci fosse stata l’inspiegabile avversione della signora Iside per la vita sentimentale della figlia, Maria si sarebbe sposata e sarebbe diventata una tranquilla moglie e una brava mamma. Lei, fin da bambina, aveva offerto la sua vita a Dio e non si era mai pentita del gesto compiuto. Con grande generosità era sempre pronta ad accogliere qualunque prova. Anche di fronte alle dolorose incomprensioni materne, soffriva e sopportava con rassegnazione».
«Il fatto che segnò definitivamente il suo destino accadde il 17 marzo 1920. Maria aveva 23 anni ed era una ragazza molto bella. Mentre passeggiava con la madre, vicino a casa, fu avvicinata da un giovane contestatore del tempo, armato di una sbarra di ferro, il quale, gridando: “Abbasso i signori e i militari” le diede una mazzata sulla schiena. Maria cadde a terra e fu portata a casa. Rimase a letto tre mesi, ma da quell’incidente non si riprese più. Continuarono i dolori intensi, e febbri altissime, i capogiri, le nausee, le palpitazioni cardiache, i disturbi renali. Fu un continuo aggravarsi, fino all’aprile del 1934. Quella mattina non riuscì ad alzarsi dal letto, e rimase inferma fino alla morte».
«Io la conobbi qui, a Viareggio, nel 1924, quando la sua famiglia si trasferì definitivamente in questa casa», racconta Marta Diciotti. «Maria, allora, aveva già fatto una scelta precisa della sua vita. Dopo aver definitivamente rinunciato a formarsi una famiglia, aveva cercato di entrare nella Compagnia di San Paolo, ma neanche questo le fu concesso. Dovette accontentarsi di svolgere un apostolato umile, nascosto, noto solo a Dio. Lavorava nell’Azione cattolica, insegnava catechismo ai bambini, andava a visitare gli ammalati».
«In quel periodo si era offerta vittima a Dio e aveva pronunciato i voti. Rinnovò l’atto di offerta nel luglio 1931, e da allora le sofferenze fisiche e spirituali non la risparmiarono più».
«Il 4 gennaio 1934 fu l’ultimo giorno in cui, camminando con estrema fatica, poté uscire di casa. Poi non la si vide più. Un giorno mi mandarono a chiamare e mi pregarono di restare per una settimana accanto a Maria, che non poteva neppure muoversi nel letto. Accettai volentieri. Terminata la settimana decisi di fermarmi altri otto giorni, e poi altri otto ancora. Le sue condizioni erano sempre più gravi e io le volevo bene. Rimasi con lei fino alla sua morte, cioè per 28 anni».
«Quando Maria cominciò a scrivere i suoi libri ?», domando.
«Nel 1943», risponde Marta Diciotti. «Scriveva anche prima, ma soltanto lettere ad amici e conoscenti. Fu il suo padre spirituale, padre Romualdo Migliorini, dell’ordine dei Servi di Maria, che, accortosi di avere come penitente un’anima ricca di eccezionali carismi, le chiese di scrivere la sua autobiografia. Maria non voleva saperne, ma accettò per obbedienza. Scriveva a mano, su dei quaderni, tenendoli appoggiati sulle gambe».
«Mentre scriveva l’autobiografia mi chiese degli altri quaderni, perché aveva dei “dettati” da scrivere. Ogni tanto metteva da parte il lavoro dell’autobiografia per scrivere questi “dettati”. Io sono sempre stata molto rispettosa della sua intimità. Vedevo che in quella stanza accadevano fatti misteriosi, ma non mi sono mai permessa di fare domande. Poiché, però, vivevo continuamente accanto a lei, giorno e notte, molte cose non potevano restare segrete».
«Mi disse che ogni tanto le appariva Gesù, si metteva accanto al suo letto, e le dettava delle cose che lei riferiva fedelmente. Altre volte, invece, Gesù le faceva vedere delle scene, e lei trascriveva quello che aveva visto. Diceva che i “dettati” erano facili, non la impegnavano per niente, mentre le visioni la affaticavano. Voleva segnare tutto ciò che aveva visto e questo comportava un lavoro di osservazione e di memoria particolarmente gravoso».
«Quando avvenivano i “dettati” e le visioni?».
«Non lo sapeva neppure lei. Al mattino si svegliava presto, intorno alle sei. Diceva le preghiere, faceva colazione e poi mi chiedeva di portarle qualche lavoretto. Non stava mai in ozio. Quando non scriveva, lavorava: ricamava, rammendava, cuciva. Diceva: “Chissà se oggi verrà qualcuno. Chissà dove mi porteranno, cosa mi faranno vedere”. Poi, improvvisamente, vedevo che metteva da parte il lavoro, prendeva il quaderno e la penna e cominciava a scrivere. Allora capivo che accanto a lei c’era “qualcuno” che io non vedevo: uscivo dalla stanza e li lasciavo soli».

«Era come in estasi».


«Questo poteva accadere a qualunque ora del giorno e della notte. Spesso mi svegliavo di notte, e vedevo che lei aveva accesa la luce e scriveva. Riprendevo sonno e quando mi risvegliavo, dopo tre, quattro ore, Maria era ancora là, a scrivere. Certe volte ha scritto ininterrottamente per giorni e notti, senza mai fermarsi.
Tutto avveniva in condizioni fisiche tremende, tra dolori terribili, sotto i bombardamenti, col caldo afoso dell’estate e col freddo gelido dell’inverno».
«Era sempre Gesù che dettava o anche altri?».
«In genere Gesù, ma anche la Madonna, gli apostoli.
Lei diceva che vedeva tutto quello che era accaduto durante la vita di Gesù.
Vedeva Gesù adolescente che lavorava nella bottega di Giuseppe. Lo vedeva com’era vestito, vedeva i gesti che compiva e sentiva le parole che diceva e anche quelle di Giuseppe o degli altri personaggi della scena.
Lei viveva “dentro” la scena.
Quando Gesù le fece vedere la resurrezione di Lazzaro, mi disse che, mentre toglievano le bende al corpo di Lazzaro, sentiva l’odore insopportabile della carne in putrefazione.
Quando Gesù le fece vedere il giardino di Giovanna di Cusa, mi disse: “Non potrò mai dimenticare il profumo soavissimo di quelle rose”.
Se vedeva una scena serena, gaia, era felice, sorridente, canticchiava descrivendola. Quando, invece, vedeva scene di dolore, come il processo, la flagellazione, la crocifissione di Gesù, piangeva, tremava, era spaventata, aveva il volto bianco come il lenzuolo».
«Un giorno, era il venerdì santo, mi disse di andare a fare una passeggiata. Io avevo capito che voleva restare sola perché, nel pomeriggio del venerdì santo, riviveva la passione di Gesù.
Andai, ma dopo un’ora ritornai indietro.
Ero preoccupata. Negli ultimi giorni Maria aveva sofferto moltissimo e temevo per la sua salute.
Tornata in casa, mi avvicinai alla camera, aprii la porta e la vidi pallida sul letto, col volto pieno di sudore, le guance rigate di lacrime.
Era come in estasi.
Non ebbi il coraggio di disturbarla.
Continuai a camminare avanti e indietro, fuori dalla porta, per altre due ore. Finalmente mi chiamò. Era sfinita, moribonda. Le lenzuola erano madide di sudore».

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Cosa disse Pio XII


«Per quanto tempo si verificarono questi fenomeni?».
«Tre anni circa. Poi diminuirono, per cessare quasi completamente negli ultimi dieci anni, durante i quali Maria visse come assorta, senza quasi parlare.
Dal 1943 al 1947 scrisse circa 15 mila pagine di quaderno, oltre a centinaia e centinaia di lettere molte delle quali sono andate perdute».
«Quando fu deciso di pubblicare gli scritti di Maria Valtorta?», chiedo all’editore Pisani.
«In un primo momento furono divulgati dei dattiloscritti. La prima edizione stampata risale al 1956. Il poema dell’uomo-Dio è l’opera maggiore di Maria Valtorta, ma essa ha scritto diversi altri libri, alcuni dei quali sono ancora inediti».
«Come fu accolto questo libro?».
«Con polemiche e contrasti come, del resto, deve essere per un libro di questo genere.
Basta aprire una pagina, a caso, per capire.
Tutti i capitoli cominciano sbrigativamente in questo modo: “Dice Gesù”, due punti, aperte le virgolette e discorso diretto. Oppure: “Dice Maria”, e via col discorso in presa diretta. Le descrizioni cominciano: “Vedo uno stanzone lungo…”. “Ecco ciò che vedo…”. “Gesù mi accompagna e mi fa vedere…”.
Il lettore è messo subito con le spalle al muro: o accetta e “crede” a questa situazione razionalmente inspiegabile, oppure butta via il libro e conclude che Maria Valtorta è una pazza».
«Quando si decise di pubblicare il libro, tutti questi problemi furono esaminati. Fu chiesto anche il parere di Pio XII, il quale rispose: “Pubblicate quest’opera così come sta, senza pronunciarvi sull’origine straordinaria o meno di essa: chi legge capirà”».
«La pubblicazione suscitò polemiche. Furono interrogati teologi e studiosi, che espressero giudizi sbrigativi, condannandola, senza però averla letta».
«Uno dei primi a interessarsene seriamente, da un punto di vista teologico, fu padre Corrado Berti, professore di teologia. A lui si era rivolto il confessore di Maria Valtorta. Padre Berti lesse il manoscritto e ne rimase fortemente colpito. Ne parlò con un santo vescovo, monsignor Alfonso Carinci, teologo, professore di Pio XII, rettore del famoso Collegio “Capranica”, Prefetto della Congregazione dei Riti: un uomo abituato a trattare fenomeni mistici e manifestazioni soprannaturali.
Anche monsignor Carinci, rimase colpito e favorevolmente impressionato. Volle conoscere Maria Valtorta, andò a Viareggio a trovarla, diverse volte. Quando entrava nella sua cameretta, il santo uomo si levava lo zucchetto in segno di rispetto».
«Monsignor Carinci mandò il manoscritto a padre Agostino Bea, il grande biblista che poi sarebbe diventato cardinale e avrebbe legato il suo nome al Concilio Vaticano II. Allora padre Bea era rettore del Pontificio istituto biblico, confessore di Pio XII e uno dei massimi esperti di scienze bibliche in campo mondiale. Padre Bea lesse i manoscritti e ne fu entusiasta. Volle lasciare una sua relazione scritta, su carta intestata dell’Istituto Biblico in cui esprime un giudizio positivo».
«Da allora, molti altri studiosi hanno letto l’opera e voluto dare un giudizio. Tra gli altri, padre Gabriele Allegra, fondatore dell’Istituto Biblico di Hong Kong, autore della traduzione della Bibbia in cinese; padre Gabriele Roschini, dottore in filosofia e professore di Teologia, uno dei più noti mariologi, perito al Concilio Vaticano II. Roschini ha scritto: “È da mezzo secolo che mi occupo di Mariologia, studiando, predicando, scrivendo. Ho dovuto leggere, perciò, innumerevoli scritti mariani, di ogni genere. Mi sento, però, in dovere di confessare candidamente che la Mariologia, quale risulta dagli scritti, editi e inediti, di Maria Valtorta, è stata per me una vera rivelazione. Nessun altro scritto mariano, e neppure la somma degli scritti mariani da me letti e studiati, era stato in grado di darmi di Maria un’idea così chiara, così viva, così completa, così luminosa e così affascinante».

Prove clamorose


«La cosa che maggiormente colpisce gli studiosi è la conoscenza inspiegabile, per vastità e profondità, che Maria Valtorta dimostra della dottrina teologica, biblica, geografica, storica, topografica. Padre Allegra osserva che per tracciare le carte della geografia politica della Palestina dei tempi di Gesù, sono occorsi anni ed anni di studi, consultando il Talmud, Giuseppe Flavio, la epigrafia, il folclore, gli antichi itinerari. L’identificazione di parecchie località, resta ancora incerta. Nel libro di Maria Valtorta, invece, non ci sono incertezze: ogni luogo ha il suo nome preciso. “In quattro, cinque casi”, dice padre Allegra “gli studi recenti hanno dato ragione alle identificazioni da essa proposte”».
«Nel suo libro, Maria Valtorta vede il biforcarsi delle strade, i cippi militari che ne indicano la direzione, le diverse culture a seconda della diversa qualità del terreno, i ponti romani sui fiumi o sui torrenti, le sorgenti vive in certe stagioni e disseccate in altre, nota la differenza della pronuncia fra gli abitanti delle diverse regioni della Palestina».
«Padre Angelo Ronco, gesuita, ha compiuto un meticoloso studio sugli spostamenti di Gesù per la Palestina, narrati nel libro di Maria Valtorta.
Maria descrive 228 spostamenti di Gesù da un luogo all’altro, indicando i nomi dei paesi e delle località.
La maggior parte di questi nomi non si trovano in nessuna carta geografica. Potevano, quindi, essere inventati, o lontanissimi uno dall’altro, in modo da rendere i viaggi descritti assolutamente impossibili. Padre Ronco ha effettuato le sue ricerche su una carta preparata dall’ingener Hans J. Hopfen. Ed è risultato che i 228 spostamenti di Gesù sembrano organizzati da una agenzia di viaggi. Nel primo anno di attività pubblica Gesù Cristo percorse 2132 chilometri; nel secondo 2144 e nel terzo, 2255».
«Si potrebbe continuare a portare esempi e fatti per ore», dice il dottor Pisani. « Si può benissimo ammettere che Maria Valtorta fosse dotata di spiccata intelligenza, di memoria tenace, di rilevanti capacità letterarie, ma resta sempre inspiegabile la cultura storica, geografica, archeologica, etnologica, filosofica, biblica e teologica che appare dai suoi scritti. Se si tiene conto poi che le 15 mila pagine di quaderno da lei scritte sono state buttate giù di getto, senza una correzione, il fenomeno appare ancora più misterioso».

Parla un medico


«Voglio aggiungere ancora una testimonianza che ritengo estremamente interessante, ed è quella del professor Nicola Pende, il famoso clinico, considerato in campo mondiale come uno dei capiscuola della endocrinologia e patologia costituzionale, una delle massime figure della medicina italiana ed europea della prima metà del secolo. Nicola Pende lesse attentamente gli scritti di Maria Valtorta, poi volle conoscerla e andò a Viareggio tre volte. Assieme al professor Durante, la sottopose anche a una lunga visita medica. Egli lasciò una relazione, sul libro di Maria Valtorta. Tra l’altro scrisse: “Quella che in me, medico, ha suscitato la più grande ammirazione e la meraviglia per la perizia con cui la Valtorta descrive una fenomenologia che solo pochi medici consumati saprebbero esporre, è la scena dell’agonia di Gesù sulla croce. Il dolore spasmodico, il più atroce sofferto dal Redentore per le ferite della testa, delle mani e dei piedi sopportanti nelle piaghe il peso del corpo, provocano, nel racconto della Valtorta, delle contrazioni toniche di tutto il corpo, degli irrigidimenti tetaniformi del tronco e degli arti, che non offuscano né la coscienza né la volontà del morente, pur essendo la espressione del dolore fisico più grande prodotto dalla più grande delle torture. E tutto il corteo fenomenico dell’agonia di Gesù, così come è descritto in questo libro, dimostra che è stato il dolore immenso del corpo che ha fermato il respiro e il cuore del Figliol dell’uomo. La pietà e la commozione più grande invadono il lettore cristiano alla lettura di questa pagina stupenda”».
«Per chi conosce a fondo gli scritti di Maria Valtorta», conclude il dottor Pisani «non ci sono dubbi: essi hanno una origine misteriosa che non trova spiegazioni razionali».

Renzo Allegri




Dalla lettura di questo vecchio articolo ci accorgiamo che già in quei primi anni le descrizioni di Maria Valtorta erano valutate anche da un punto di vista scientifico, una serie di studi che poi, nel corso degli anni, si è arricchito sempre più fino alle ricerche recentissime del dott. Liberato De Caro, prof. Fernando La Greca, prof. Emilio Matricciani, per parlare dei soli ricercatori italiani.
Tutto ciò demolisce l'accusa di «una vita di Gesù malamente romanzata» fatta da un anonimo articolista sulla prima pagina del L'Osservatore Romano del 6 gennaio 1960!
Al contrario, ci troviamo davanti ad un mondo antico che risorge con precisione ed esattezza di contenuti e dettagli grazie all'esperienza mistica di Maria Valtorta.
Ricordo che nel sito del Centro Editoriale Valtortiano è possibile trovare una sezione dedicata proprio agli studi, ai sussidi e alle testimonianze, tra i quali anche la Carta della Palestina disegnata da Hans J. Hopfen che tuttora viene pubblicata.
 
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